Con il termine inglese stretching (letteralmente “stiramento”, “allungamento”) si indicano quelle tecniche di allungamento muscolare che hanno lo scopo di aumentarne l’estensibilità migliorando di conseguenza la mobilità articolare e la capacità del muscolo di rilassarsi.
Lo stretching trova le sue origini in Oriente, dove statue di 2000 anni fa rappresentano persone nell’atto di allungarsi e dove culture diverse si sono sempre trovate concordi sull’importanza di questo parametro della performance.
Da queste culture, e dallo Yoga in particolare, presero spunto i vari autori che codificarono le oramai diverse forme di stretching di cui possiamo disporre oggi, tra cui troviamo lo stretching statico, balistico, dinamico, propriocettivo (PNF) e globale.
Cosa succede quando portiamo un muscolo in “stiramento”?
Possiamo distinguere due fasi: nella prima l’allungamento viene quasi totalmente sostenuto dai miofilamenti di actina e miosina, caratterizzati da una buona estensibilità; mentre nel corso della seconda i filamenti di titina ricoprono il ruolo primario divenendo i principali responsabili dell’elongazione del sarcomero e quindi della resistenza che quest’ultimo presenta nei confronti dell’allungamento stesso.
Alcuni studi hanno dimostrato come il sarcomero possa estendersi fino al 150% rispetto alla sua lunghezza di riposo, anche se occorre sottolineare come simili allungamenti siano registrabili solamente nel corso di sperimentazioni effettuate in vitro.
Molti Autori si sono dedicati allo studio dei numerosi effetti adattativi conseguenti ad una regolare pratica dello stretching.
Le ipotesi derivanti maggiormente accreditate e dimostrabili sono:
- Innalzamento della soglia di attivazione del riflesso miotatico da stiramento, di cui sono responsabili i fusi neuromuscolari. Questo permetterebbe di raggiungere livelli di allungamento superiori mantenendo il muscolo rilassato;
- Semipermanente cambiamento della lunghezza delle fasce che avvolgono il muscolo (epimisio, endomisio e perimisio) ma anche di tendini, legamenti e tessuti cicatriziali;
- Aumento del range di movimento e dell’estensibilità dei muscoli allenati;
- Stimolo della produzione di glicosaminoglicani, acido ialuronico ed acqua, con conseguente “lubrificazione” delle fibre connettivali, prevenendo quindi la formazione di cross-links;
- In particolari categorie di atleti, un allenamento specifico della flessibilità, può indurre una modificazione delle strutture articolari.
Da questi adattamenti fisiologici derivano i motivi per cui lo stretching assume, nel contesto di un allenamento completo, un’importanza primaria. Troppe volte, ancora oggi, si tende a considerandolo come “un di più” senza attribuirgli l’importanza che merita.
Perchè è importante fare stretching?
Le suddette ricerche che negli anni hanno portato a verificare determinati adattamenti, ci consentono quindi di stabilire almeno 5 ottimi motivi per considerare lo stretching parte integrante ed imprescindibile di qualsiasi allenamento:
- Miglioramento della flessibilità muscolo-articolare. Quindi movimenti più ampi e fluidi, ottimizzazione del gesto atletico e di qualsiasi altro movimento non necessariamente connesso con attività sportive. Questo conduce a benefici anche per la forza poiché, secondo la legge di Starling “La forza contrattile di un muscolo è direttamente proporzionale alla lunghezza delle sue fibre all’inizio della contrazione”;
- Miglioramento della circolazione. Muscoli più lunghi e rilassati facilitano l’ossigenazione dei tessuti e il ritorno venoso;
- Miglioramento della postura. Un riequilibrio del tono muscolare, in particolare tramite esercizi di allungamento globale, può aiutare a resettare quella serie di compensi che negli anni il nostro organismo accumula;
- Prevenzione infortuni. Un muscolo rigido espone molto più facilmente a qualsiasi tipo di trauma da sovraccarico, sia del muscolo stesso, che delle strutture ad esso connesse come i tendini;
- Riduzione del delayed onset muscle soreness (DOMS). Una pratica regolare dello stretching è in grado di diminuire la tipica percezione dolorosa post-workout, nell’ambito delle 24-48 ore successive alla sessione di lavoro.
Alla luce di tali benefici lo stretching oggi non può non essere considerato come parte essenziale ed irrinunciabile di qualsiasi allenamento e per qualsiasi tipo di attività sportiva.
A seconda dell’attività e dell’obiettivo potrà esser applicato con tempi e modalità diverse favorendo una miglior mobilità articolare ed aiutando ad ottimizzare le prestazioni ed a prevenire gli affaticamenti.