La scoperta della natura chimica dei grassi avviene nel 1814 e quella del colesterolo in particolare nel 1816, ad opera del francese Michel Chevreul. Nei primi del ‘900 si hanno i primi indizi sulla correlazione tra livelli di Colesterolo e lesioni aterosclerotiche.
Mentre studi successivi dimostrano ampiamente come l’ipercolesterolemia sia uno dei fattori di maggior rischio per ipertensione, malattie cardiovascolari e arteriosclerosi, altrettanti studi certificano l’azione benefica dell’attività fisica nel mantenerla sotto controllo.
Ma che cos’è il colesterolo?
Il colesterolo è una molecola lipidica sterolica, tipica degli organismi animali ed in particolare dei vertebrati, presente in maggiori quantità nel sangue, nel cervello e nella bile. E’ coinvolto nella crescita e nella divisione cellulare, nella sintesi degli ormoni steroidei, nella produzione della bile e nello sviluppo embrionale, oltre ad essere un precursore della vitamina D.
Nel sangue il colesterolo si trova legato a particolari proteine costituendo strutture complesse dette lipoproteine e differenziandosi in VLDL (a bassissima densità), LDL (a bassa densità) e HDL (ad alta densità).
Le lipoproteine LDL (colesterolo “cattivo”) agiscono trasportando le molecole lipidiche nei vasi sanguigni e nei tessuti; ma quando la quantità di LDL è eccessiva, queste molecole si accumulano nei vasi favorendo la formazione della placca aterosclerotica.
Le lipoproteine HDL (colesterolo “buono”) svolgono invece la funzione opposta rimuovendo il colesterolo dalle arterie e riportandolo al fegato.
Questa suddivisione assume particolare importanza in conseguenza del fatto che, rispetto al passato, l’influenza del colesterolo totale sul rischio cardiovascolare di un soggetto è stata notevolmente ridimensionata. Oggi infatti si mettono in relazione entrambe le componenti tramite specifici indici e criteri, tra i quali il più diffuso è senz’altro l’Indice di Rischio Cardiovascolare, dato dal rapporto tra colesterolo totale e HDL.
In che modo l’attività fisica può influenzare questi valori?
Il rischio cardiovascolare è influenzato non solo dal colesterolo, ma da numerose variabili come, ad esempio, il sovrappeso, il fumo di sigaretta, l’ipertensione, la sedentarietà, il sesso, l’età e la familiarità. Di questi appena elencati gli ultimi 3 rientrano tra i cosiddetti “fattori non modificabili”, mentre ben 4 dei 5 rimanenti possono essere positivamente influenzati da una regolare attività fisica.
Ponendo l’attenzione in particolare sul colesterolo avremo che una regolare attività aerobica produrrà effetti benefici non tanto per la riduzione della frazione “cattiva” (LDL) ma quanto piuttosto per l’aumento di quella “buona” (HDL) in un range che va dal 3 al 9% in caso di adulti sani e precedentemente sedentari. Percentuali queste destinate ad aumentare in caso di soggetti in sovrappeso, dove per ogni chilo di peso perso e mantenuto nel tempo si registra un aumento di circa 0,35 mg/dl dei livelli di HDL nel sangue.
Quale tipo di attività fisica svolgere e con che frequenza?
L’abbinamento di attività di resistenza con pesi od elastici e attività aerobiche, con una prevalenza di quest’ultime, consente di ottenere quegli adattamenti fisiologici finalizzati al dimagrimento o al mantenimento del peso corporeo nel tempo ed al conseguente riequilibrio dei livelli di colesterolo.
L’OMS raccomanda un minimo di 30 minuti al giorno di attività fisica, di media intensità, corrispondente ad esempio ad una camminata di buon passo che non porti in breve tempo all’esaurimento delle forze e che consenta di parlare con difficoltà e con respiro accelerato, ma senza doversi fermare.
Risulta quindi evidente come la lotta all’ipercolesterolemia rimanga imprescindibile da una modifica del proprio stile di vita, prima ancora di ricorrere ad ausìli farmacologici, “aggredendo” il problema in particolare dal punto di vista sia alimentare che motorio.